La sostenibilità

Il tema della sostenibilità costituisce una delle maggiori sfide dell’umanità, sulla quale varie discipline scientifiche, culturali ed economiche hanno bisogno di confrontarsi e integrarsi, non da ultimo perché gli stessi sviluppi di ciascuna di esse siano a loro volta sostenibili. Infatti, le attività umane costituiscono sempre più un fattore di rischio per tutti i paesi del mondo.
La grande crescita della popolazione umana viene sostenuta dallo sfruttamento delle risorse non rinnovabili, come gli idrocarburi fossili, e sta plasmando con forza l’ambiente. Stiamo vivendo una nuova epoca nella storia della Terra -l’Antropocene- nella quale la visione delle sfide globali appare ancora incerta, fumosa e ambigua, vuoi per la mancanza di una Scienza della Sostenibilità – ci basiamo per lo più su metodologie ad hoc, del tipo triple-bottom-line o 4-dimensions, etc., e su definizioni più o meno generaliste, vuoi perché uno sviluppo senza regole appare ai decisori politici più conveniente nel breve periodo.
In realtà in mancanza di una seria e decisa presa d’atto di un nuovo paradigma dello sviluppo sociale, economico e industriale, che porti a produrre di più ciò che desideriamo (ciò che è sostenibile) e di meno ciò che non desideriamo (ciò che non è sostenibile), non saremo in grado di garantire condizioni favorevoli al futuro delle nuove generazioni.
In questa prospettiva è necessario un approccio che rapidamente superi i confini della disciplinarietà, non soltanto nell’ambito teorico, ma nella composizione stessa dei gruppi di lavoro che devono collaborare alla elaborazione degli aspetti teorici come di quelli applicativi.
Le Scienze naturali, quelle della Vita, quelle sociali, l’imprenditoria e l’industria, la politica devono andare oltre le loro metodologie interne e cominciare a dialogare tra loro in maniera sistemica. Per raggiungere passi significativi sullo sviluppo sostenibile è infatti necessario essere in grado di identificare gli stati di equilibrio dinamico di sistemi complessi, composti da agenti molto diversi tra loro, da quelli che producono le idee, a quelli che le mettono in atto, o meglio in produzione, e quelli che ne vivono le conseguenze.
Anche se ci limitiamo ad analizzare, come fece il Club di Roma negli anni ‘70, solo gli andamenti delle cinque maggiori fonti di preoccupazione globale, ossia:
  • l’accelerazione dell’industrializzazione;
  • la rapida crescita della popolazione;
  • la diffusa malnutrizione;
  • l’esaurimento delle risorse non rinnovabili;
  • il deterioramento dell’ambiente;

ci accorgiamo che essi risultano intimamente interconnessi, costituiscono cioè quel sistema complesso che può essere definito utilizzando gli strumenti e le conoscenze della Statistica, dell’Economia, della Sociologia e delle Scienze umane in genere, ma la cui struttura fondamentale può essere forse finalmente compresa se affrontata con gli strumenti delle Scienze naturali e di quelle della Vita.

Le conoscenze che oggi abbiamo nelle varie discipline rispetto agli anni ‘70 sono molto accresciute, molto di più di quanto non si potesse immaginare anche solo cinquanta anni fa. Si tratta di metterle insieme per una sfida globale che non può più attendere.

Il contesto internazionale

Per comprendere la rilevanza della sostenibilità nell’agenda internazionale è utile ripercorrere alcune tappe importanti.
Nell’aprile del 1968 un gruppo di trenta scienziati, educatori, economisti, umanisti, manager industriali e politici si incontrarono presso l’Accademia dei Lincei a Roma per discutere dei principali problemi dell’umanità, analizzandoli in un contesto mondiale e ricercando soluzioni alternative nei diversi scenari possibili. Da questo primo incontro nacque il Club di Roma, un’organizzazione informale che è stata descritta come un istituto virtuale, il cui scopo è stato quello di acquisire conoscenze multidisciplinari, economiche, politiche, ambientali e sociali, per valutare il sistema globale nel quale viviamo. The Limits to growth è il primo importante documento del Club, redatto nel 1972 da Donella Meadows, Dennis Meadows, Jorgen Renders e William Beherens, che sottolinea i limiti della crescita economica condizionata dalla limitata disponibilità di risorse naturali.

Facendo un salto di circa vent’anni si arriva alla Commissione Bruntland (o Commissione mondiale per l’Ambiente e lo Sviluppo, nominata dalle Nazioni Unite nel 1983) che nel 1987 chiarì, nel rapporto Our Common Future, il concetto di Sviluppo sostenibile: «lo sviluppo sostenibile è uno sviluppo che soddisfi i bisogni del presente senza compromettere la possibilità delle generazioni future di soddisfare i propri». Il rapporto non parla propriamente dell’ambiente in quanto tale, ma mette in luce un fondamentale principio etico: la responsabilità da parte delle generazioni odierne nei confronti delle generazioni future, toccando quindi almeno due aspetti dell’ecosostenibilità: ovvero il mantenimento delle risorse e dell’equilibrio ambientale del nostro pianeta.
La Commissione ha, quindi, posto le basi per la definizione degli Obiettivi di Sviluppo del Millennio, resi noti nel 2000 con la dichiarazione del Millennio delle Nazioni Unite firmata durante il Vertice del Millennio.
Gli otto obiettivi del Millennio hanno poi ispirato la proclamazione degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile, i 17 Sustainable Development Goal’s (SDGs) dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite. L’emanazione dei 17 SDG’s ha prodotto una sensibile reazione in alcuni Paesi e ha motivato azioni concrete. I problemi legati alla sostenibilità sono stati introdotti nel programma politico di molti governi e in quello della Commissione Europea. Nazioni come la Svezia, la Gran Bretagna, la Germania, la Svizzera, il Brasile e il Rwanda hanno creato iniziative di sostegno e sono stati istituiti centri che stanno portando avanti interessanti attività.

SUSTAINABLE DEVELOPMENT GOALS

Il contesto nazionale

Nel nostro Paese, la Strategia Nazionale per lo Sviluppo Sostenibile (SNSvS) ha preso avvio all’inizio del 2016 con l’elaborazione del documento Posizionamento dell’Italia rispetto all’Agenda 2030 alla cui stesura hanno contribuito le istituzioni centrali e regionali, il mondo della ricerca e la società civile. Tra queste, l’Alleanza italiana per lo sviluppo sostenibile (ASviS) ha condotto un’azione di importante coordinamento per le molte attività locali rivolte allo sviluppo sostenibile.
Più recentemente è stata istituita, presso la Presidenza del Consiglio, la Cabina di Regia Benessere Italia con il compito di monitorare e accompagnare le varie attività di ricerca, di alta formazione e di innovazione aventi lo sviluppo sostenibile a denominatore comune.
Il presente progetto “The Laboratory on Quantitative Sustainability” (TLQS) si inserisce perfettamente nella SNSvS e rafforza il ruolo dell’Italia e dell’Europa nel delineare le linee guida per affrontare la crisi globale in atto.

Il sistema Trieste

La Regione Friuli-Venezia Giulia, e la città di Trieste in particolare, hanno acquisito negli anni una notevole visibilità internazionale per la presenza di numerosi enti di ricerca sul proprio territorio, capaci di attrarre scienziati da tutto il mondo in percentuali che sono ben al di sopra delle medie europee e sono le più alte nel nostro Paese. La Regione è anche sede di istituti internazionali di ricerca che, oltre alle collaborazioni su scala planetaria, operano anche per l’alfabetizzazione scientifica di giovani ricercatori provenienti dai Paesi in via di sviluppo. Il sistema scientifico regionale rappresenta inoltre un importante trampolino verso i Paesi del Centro-Est Europa.

Per queste ragioni Trieste è stata nominata Città Europea della Scienza 2020 e, nel mese di settembre dello stesso anno, è stata sede dello EuroScience Open Forum (ESOF). Inoltre, nel 2024 ospiterà il Big Science Business Forum (BSBF). Queste manifestazioni europee rappresentano importanti momenti di confronto tra la Scienza e i cittadini, i decisori politici, gli imprenditori, gli industriali. Trieste ha messo in evidenza, pertanto, il suo ruolo nel rilanciare la Scienza quale ingrediente centrale per un cambiamento sostenibile anche a seguito della pandemia di Covid-19.
La Regione Friuli Venezia Giulia si è da subito allineata alla SNSvG dando vita ad una sua Strategia Regionale per lo Sviluppo Sostenibile (SRSS) e inserendo, tra l’altro, la sostenibilità nelle linee programmatiche per il potenziamento del turismo culturale del territorio.
Numerosi ricercatori delle tre Università operanti sul territorio e dei vari istituti di ricerca sono interessati alle problematiche della sostenibilità che si richiamano a uno o più dei 17 obiettivi delle Nazioni Unite per lo sviluppo sostenibile. Le loro attività, pur di grande valore scientifico, non sono attualmente sufficientemente coordinate e pertanto non esprimono tutte le potenziali ricadute industriali e imprenditoriali che potrebbero avere.

La strada verso la transizione ecologica è accidentata e l’impatto della crisi climatica su ambiente, società ed economia è in crescita esponenziale. Dopo più di cinquant’anni, nonostante l’enorme lavoro svolto dalle istituzioni governative, intergovernative, non governative e private, non c’è ancora un accordo quadro sulla metodologia da seguire e sulle misure da adottare per la sostenibilità. C’è, pertanto, bisogno di quantificare le dimensioni fondamentali della sostenibilità e di incorporarle anche nel valore economico di beni e servizi.
Considerando l’interdisciplinarità di questo processo e l’humus scientifico esistente a Trieste, con le istituzioni dedicate alla fisica teorica, alla matematica avanzata, alle biotecnologie, all’oceanografia, all’astrofisica, alle scienze mediche, alla scienza dei dati e dell’intelligenza artificiale, dove esiste un parco scientifico e un sincrotrone, il TLQS può dare un contributo significativo nel guidare e accelerare la transizione.